Fonte Nuova, 30 maggio 2003


Caro professore,

Fra pochi mesi saranno cinque anni da quella mattina del 5 ottobre in cui Mario mi fece accorrere per l'ultima volta al Suo capezzale, giusto in tempo per sentirLe dire quel tragico: "Dottore, muoio"; furono le Sue ultime parole e a me non rimase che il triste compito di chiudere le Sue palpebre.

Né mia moglie sentì più, da allora, quel "come sta il mio dottorello" o il Suo scherzoso "ah signò, è già uscito il mio dottoruzzo?". Non so se anche nell'aldilà si usa quel "lei" che, correttamente, abbiamo mantenuto in vita, per trentasei anni, nonostante i nostri piacevoli incontri letterari o le telefonate che giungevano la mattina alle sette, con la barzelletta proveniente da qualche parte del globo e i commenti su ogni vicissitudine più o meno subìta. Quel "lei" è stato necessario, qui, perché spesso non era facile, senza l'autorità del curante, farLe accettare alcune non gradite pratiche mediche; né Lei, d'altro canto e malgrado l'intensa frequentazione, ha mai tradito quella complice, amichevole intesa.

Per questo motivo, anche se questo messaggio Le perviene per “via eterea”, non voglio tradire quel nostro modo di comunicare. Le invio, caro, vecchio amico, questa relazione per aggiornarLa su quanto sta accadendo dalle nostre parti.


Come Le devo dare ragione circa quei giudizi, nient’affatto benevoli, che mi esternava ogni volta che prendevamo il discorso riguardante la “casta” degli universitari. Ricorda, infatti, quelle cartoline che “quella signora” Le inviava, nell’arco degli anni Novanta del secolo XX, nelle quali La salutava “molto affettuosamente” ovvero quando Le scriveva da Londra “spero di rivederla presto, con molto affetto”? Per Sua fortuna, quella morte che ho giudicato scorretta per essersi presentata, a mio parere, troppo presto a chiederLe il redde rationem, Le ha invece evitato il dolore di rendersi conto che quelle “manfrine” erano solo parte di un piano diabolico, volto a un mostruoso raggiro: infatti tutti gli impegni, peraltro solennemente confermati davanti alla Sua Salma nel momento della cerimonia funebre al San Michele, da quegli stessi responsabili dell’università che avevano carpito la Sua buonafede, sono stati tutti “traditi”.


Sono convinto che ormai lo sappia, poiché anche da lassù nulla può sfuggire al Suo “occhio”! Tuttavia reputo opportuno, qualora fosse stato distratto da qualche angioletta un poco sbarazzina, portarLa a conoscenza del fatto che oggi, dopo una lunga e inutile battaglia, quanto Lei ebbe di più caro, sia stato, dai Suoi “beneficiati”, già trasferito a Bologna o si accinga a partire a breve termine: lo ha affermato a chiare note il rettore Calzolari che, dopo tali azioni, personalmente non reputo più affatto “magnifico” (sull’argomento Fondazione Zeri - troverà pure qualche fidato, fra gli angeli di lassù, come lo è stato “Mario” quaggiù, che le prenda i giornali - potrà confrontare, fra i tanti interventi: L’eredità Zeri, in Il giornale dell’arte, n° 209, aprile 2002, p.12; G. SIMONGINI, Le false promesse del rettore Calzolari, in Il Tempo, 6 febbraio 2003, p. 19; Chiese della cultura, in Il resto del Carlino, cronaca, 22 gennaio 2003, p. VI; oppure potrà collegarsi con www.salvatorevicario.com: internet sarà sicuramente arrivato pure nel “paradiso dei giusti”, ove non può esserLe stata negata una comoda scranna).


Comunque voglio precisarLe subito che hanno tradito le Sue volontà tutte le istituzioni statali che avrebbero dovuto vigilare, ognuna nei limiti delle proprie competenze, a cominciare dal ministro per i BB.CC. del tempo, il quale, davanti alle chiare istanze del prof. Antonio Giuliano presso l’Accademia di San Luca, arrecò l’affronto all’uditorio di abbandonare la sala nella quale si svolgeva la Sua commemorazione.


Quelli che davvero Le furono amici quaggiù, invece, posso testimoniarLe che non L’hanno tradita: hanno combattuto, tuttavia, una battaglia lunga, dura e, purtroppo, forse inutile! Non L’hanno tradita, oltre ai Suoi familiari, Mina Gregori, Antonio Giuliano, Alvar Gonzàles-Palacios, Salvatore Settis, Fabrizio Lemme, Ksenjia Rozman, Andrea De Marchi, tanto per farLe qualche nome.

Personalmente, poi, ho combattuta una solitaria battaglia nella Sua Mentana, per quattro lunghi anni, contro quella insipienza che Lei, in vita, ha avuto modo di conoscere sin troppo bene; alla fine ho dovuto gettare la spugna anch’io con un documento che mi corre l’obbligo di lasciare agli atti di quaggiù e per il Suo archivio di lassù:

Lettera al Sindaco


Oggi sembra che tutto sia perduto e solo ora le istituzioni locali pare si siano svegliate: ora che le stalle sono vuote!

Credo giusto, tuttavia, metterLa al corrente anche di questi tentativi estremi: non si sa mai che possa avvenire il miracolo; come Lei sempre mi diceva: l’Italia è così strana… Il 27 febbraio 2003, infatti, l’Assessore alla Cultura, spettacolo, sport e turismo della Regione Lazio, Luigi Ciaramelletti, inviata all’On. Gigliola Brocchieri e al sindaco di Mentana, sig. Guido Tabanella (e a me per conoscenza), il seguente documento:


Lettera dell'Assessore alla Cultura, spettacolo, sport e turismo della Regione Lazio, Luigi Ciaramelletti, inviava all’On. Gigliola Brocchieri e al sindaco di Mentana


Allegato n. 1 - Dall' Assessore alla Cultura, spettacolo, sport e turismo della Regione Lazio, Luigi Ciaramelletti al Magnifico Rettore dell’Università di Bologna


Allegato n. 2 - Dal Magnifico Rettore dell’Università di Bologna all'Assessore alla Cultura, spettacolo, sport e turismo della Regione Lazio, Luigi Ciaramelletti


Ora, contemporaneamente, quasi fosse circolata una “velina”, tutte le forze politiche si sono svegliate e ognuno prende una sua iniziativa; vengono costituite commissioni e, da privati, minacciati ricorsi alla magistratura.

Come sempre facevo, mentre era sofferente e combattivo in questo mondo ingrato, caro Professore, La terrò informata sugli sviluppi ulteriori!


Agosto 2003 – E gli sviluppi ci sono stati: in data 24 luglio il Soprintendente regionale, arch. Ruggero Martines, ha decretato la notifica di “villa Zeri”, come riportato in copia, accompagnando il decreto con la seguente “relazione storica”:


Relazione della Soprintendenza regionale, dr. Irene Berlingò


Lo Stato si muove lentamente, ma poi si muove, caro Professore. E questa è una iniezione di fiducia, poiché personalmente cominciavo a pensare che “la Legge fosse uguale per tutti, meno per alcuni”.